Marino: il “cambialento” non funziona

Nella risposta all’articolo di Sandro Medici sul Manifesto il sindaco lo accusa di “non aver compreso l’entità e la natura della contesa in corso” e accusa la coalizione deLiberiamoRoma di voler “mettere la giunta con le spalle al muro”. Tradotto in italiano “Ho già tanti problemi con il PD, non vi ci mettete anche voi”. A me sembra invece che sia Ignazio Marino a non comprendere la portata della contesa in corso.
Eseguendo i “compiti a casa” della troika il Governo e il Parlamento italiano hanno messo il cappio al collo della Capitale. Si vuole che Roma sia messa in vendita, dalle aziende, al patrimonio, affinché il capitali europei possano fare la spesa a buon mercato, come è già successo in Grecia.
Allineandosi con le pressioni dei costruttori romani il Consiglio comunale ha deliberato bipartisanamente che la giunta deve riaprire le porte al cemento. Privatizzazioni e cemento: si tratta della stessa ricetta che ha già portato Roma al tracollo sociale e finanziario.
La contesa in atto non è sulla trasparenza e il buon governo, ma sugli interessi da privilegiare: prima la finanza o prima le persone? Non si regge a questo assedio, se davvero si vuole cambiare , arroccandosi nel fortino, ma uscendo in campo aperto con un’altra politica che sappia conquistare il
sostegno delle masse popolari romane.
E qui sta il punto: le quattro delibere popolari avanzate da una larga coalizione di cittadinanza attiva romana non “mettono con le spalle al muro” la giunta, ma offrono, se la si vorrà cogliere, un’occasione per uscire da una situazione di stallo.
Ho personalmente apprezzato il braccio di ferro ingaggiato dal primo cittadino con gli uomini di Caltagirone all’Acea per restituire al Comune di Roma il controllo di quella che è (ancora) una sua azienda, (ed anche la dichiarazione contraria ad una sua ulteriore privatizzazione esplicitamente obbligatoria nella prima versione del Salvaroma). Ma perché questa non sembri una contesa di poltrone, o un gioco di palazzo, occorre che ne siano esplicitati gli obiettivi: non si tratta di cambiare gli uomini, ma di cambiare politica.
L’occasione è vicina: se all’assemblea dei soci Acea del 5 giugno il Sindaco espliciterà che, come chiede una delle quattro delibere popolari, intende ripubblicizzare Acea ATO2 per rendere l’acqua realmente pubblica, non ho dubbi che il popolo dell’acqua sarà in piazza in difesa del suo Sindaco
contro i poteri forti romani.
Roma è attraversata da un gravissimo problema abitativo, causato dalla bolla immobiliare e dall’abbandono dell’edilizia pubblica dei decenni precedenti, mentre oltre centomila alloggi sono sfitti o invenduti. Di fronte a ciò non basta incontrare i movimenti per il diritto alla casa: lo faceva anche Alemanno. Se, come chiede la delibera PatrimonioComune, si provvedesse rapidamente a mettere a disposizione dei senza casa patrimonio pubblico e privato (intervenendo con la requisizione) i romani potrebbero riconoscere che c’è in corso un cambiamento che li riguarda.
E ancora: Roma è piena di associazioni, gruppi, comitati, pronti a prendere in gestione gli immobili abbandonati per farne luoghi di cultura, partecipazione, socialità, servizi, lavoro. Cosa impedisce che lo si faccia rapidamente costruendo sulla cittadinanza attiva il processo di rigenerazione (e rinascimento) urbana che si dice voler perseguire? I fondi che servono li si trovino tassando la grande proprietà e la rendita, invece che svendendo il patrimonio.
Si sta predisponendo il bilancio 2014. E’ l’occasione per togliersi il cappio da collo, come chiede la delibera popolare sul Patto di stabilità, stanziando i fondi per le scuole dell’infanzia per dare risposta ai 4000 bambini esclusi dal diritto costituzionale all’istruzione, come propone la quarta delibera
popolare. Si apra su questo un contenzioso con il governo invece di predisporsi ai fare i “compiti a casa” imposti dallo StragolaRoma, e si chiami queste 4000 famiglie alla mobilitazione.
Ci si dirà, continuando a non capire, che questa è la politica del più uno. Si tratta invece semplicemente di fare delle scelte e fare un’altra politica: il “cambialento” non funziona.

 

Pubblicato su Controlacrisi del 27 aprile 2014

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