L’obiezione di coscienza nella guerra in Ucraina

Furono quasi mezzo milione, 470.000 per l’esattezza, i processi per renitenza alla leva in Italia durante la Prima guerra mondiale[i]. Più di un milione quelli contro reati militari come la diserzione, la procurata infermità, l’ammutinamento. Un milione e mezzo di giovani che si rifiutarono di partecipare l’inutile strage che l’aggressione italiana all’Austria avrebbe comportato: 1.200.000 morti per un pezzetto di terra.

Oggi, cent’anni e molti secoli di detenzione dopo, l’obiezione è riconosciuta come diritto in Italia e in molti paesi europei. Ma non così in Russia e in Ucraina.

Ma quanti sono oggi i ragazzi che si rifiutano di combattere e di uccidere nella guerra tra Russia e Ucraina?

Non esistono stime precise, ma probabilmente centinaia di migliaia a giudicare quanto successo al confine di paesi come la Bielorussia, la Georgia e il Kazakistan dopo il 21 settembre 2022, all’indomani della firma del decreto di mobilitazione parziale da parte del presidente Putin. Oltre 100.000 si stima erano già partiti principalmente alla volta della Turchia.

A centinaia di migliaia si sono messi in fila alle frontiere e negli aeroporti per uscire dal paese mentre in 25 città della Russia si tenevano manifestazioni contro la coscrizione con ben 425 arresti. [ii]

Tecnicamente una vera a propria obiezione in Russia non c’è perché sinora il governo ha evitato di dichiarare lo stato di guerra e l’esercito, per prevenire il rischio della renitenza di massa, ha limitato la coscrizione con l’utilizzo dei militari di professione, dei mercenari, come la famigerata Wagner, e persino aprendo le porte del carcere a coloro che accettavano di partire per il fronte.  Dalle maglie strette dalla censura trapelano anche fenomeni di diserzione persino tra i militari di carriera.

Li assistono, tra gli altri, i volontari del “Movimento per l’obiezione di coscienza al servizio militare” (DSO) che operano con molta difficoltà e rischio o come Go  by the forest , il progetto che “offre aiuto ai russi che temono di poter essere mobilitati per la guerra con l’Ucraina” e che offre oltre ad altro tipo di assistenza anche un canale di consulenza legale. Molti attivisti di queste e di altre organizzazioni hanno dovuto riparare all’estero mentre l’attività dei nel paese è diventata ancora più rischiosa dopo che dal 23 di giugno il Movimento è stato ufficialmente dichiarato “Agente straniero”.

Secondo OVD-Info[iii] sarebbero almeno 19.819 le persone detenute in Russia per reati di opinione per essersi pronunciati contro la guerra.

“Agenti stranieri” sono considerati da luglio 2023 anche i militanti del Movimento Pacifista Ucraino che di processi ne sta affrontando più di uno.

Il suo presidente, Ruslan Kotsaba, è dovuto fuggire clandestinamente all’estero per sottrarsi ad un processo per alto tradimento che poteva costargli fino a 15 anni di reclusione. Era stato incriminato per aver dichiarato pubblicamente che, se fosse stato richiamato non sarebbe partito per una guerra fratricida. Considerata un invito alla diserzione, la dichiarazione gli era già costata oltre un anno di carcere, è stato rilasciato, ma dopo l’invasione russa gli è stato intentato un altro più grave processo al quale non ha potuto nemmeno partecipare perché davanti al tribunale c’era ad attenderlo un gruppo di ultranazionalisti che minacciava di fargli la pelle.

In Ucraina la leva è infatti obbligatoria e l’obiezione di coscienza, che era riconosciuta, è stata sospesa nel 2014, dopo l’inizio della guerra civile in Donbass.  Poi, con la mobilitazione generale del 2021, tutti gli uomini da 18 ai 60 anni sono stati dichiarati arruolabili ed è stato vietato loro di lasciare il paese.

Prigionieri all’interno delle proprie frontiere, quindi, gli obiettori ucraini non possono nemmeno scappare all’estero come i loro fratelli russi. Almeno non legalmente.

E sono in molti, migliaia, i ragazzi che cercano, e alle volte riescono, di eludere la sorveglianza delle guardie di frontiera con Polonia o la Romania. Anche approfittando dell’alto tasso di corruzione nell’esercito ucraino. In agosto l’enorme diffusione della corruzione nell’esercito è stata evidenziata dal licenziamento di tutti i funzionari regionali incaricati del reclutamento militare che “dietro consegna di mazzette consente ai coscritti di sfuggire all’esercito e attraversare illegalmente la frontiera”. Un fatto che testimonia comunque che sono molti i ragazzi che, nonostante la propaganda ultranazionalista che li dipinge come traditori della patria, non ne vogliono sapere della guerra.

Centinaia sarebbero i processi in corso contro chi si rifiuta pubblicamente di partire e tra questi quello al coraggioso segretario del Movimento Pacifista Ucraino Yurii Sheliazhenko[iv]. attualmente agli arresti domiciliari con l’accusa di aver “giustificato l’aggressione russa”.

L’accusa è ridicola. Baste leggere le numerose dichiarazioni pubbliche che Yuri ha fatto più volte, nelle quali ha sempre condannato esplicitamente l’aggressione russa. La sua vera colpa, oltre a promuovere l’obiezione al servizio militare, è quella di aver sostenuto che per mettere fine alla guerra era necessario un negoziato e aver denunciato anche le responsabilità della Nato. Una posizione, quella del Movimento pacifista ucraino non solo nonviolenta e antimilitarista, ma anche politicamente motivata contro tutte le alleanze militari orientali ed anche occidentali.

Il processo a Sheliazhenko era stato sollecitato dal Commissario per i diritti umani del Parlamento ucraino al Servizio di Sicurezza che lo indicava come una “minaccia per la sicurezza nazionale” a seguito della diffusione della” Agenda di pace per l’Ucraina e il mondo”[v], giudicata come un appoggio all’invasione russa che Yuri ha letto in pubblico in occasione dell’incontro con la carovana di pace italiana dell’ottobre 2022.

Il 14 agosto 2023, alla prima udienza del processo, il giudice – che peraltro è stato n passato condannato per corruzione – ha aderito alla richiesta del pubblico ministero di mettere Yuri Sheliazhenko agli arresti domiciliari durante lo svolgimento del processo, decisione che è stata rinnovata nella successiva udienza del 3 di ottobre.

Dopo aver condannato la “criminale” ’invasione russa, aver sostenuto la necessità della autodifesa non violenta il documento incriminato recita “Nessuno può sottrarsi alla responsabilità delle proprie malefatte sostenendo di essere vittima delle malefatte degli altri. Il comportamento sbagliato e persino criminale di qualsiasi parte non può giustificare la creazione di un mito su un nemico con il quale sarebbe impossibile negoziare e che deve essere distrutto ad ogni costo, compresa l’autodistruzione” e chiede il cessate il fuoco e l’avvio dei negoziati.

Una posizione di grande consapevolezza e coraggio in un paese nel quale la propaganda ultranazionalista trasforma in traditori e mette all’indice in pubblico qualunque manifestazione di dissenso verso un crescente autoritarismo che ha già portato alla messa fuorilegge dei partiti di opposizione e al controllo governativo della televisione.

Gli obiettori non piacciono nemmeno ai paesi europei, nonostante il diritto all’obiezione sia stato riconosciuto dalla Corte europea dei diritti umani.

Ai russi che scappano dalla leva e dalla persecuzione di un regime che punisce chiunque manifesti contro la guerra l’Europa nega, non solo come sarebbe dovuto l’asilo politico, ma persino il visto in quanto cittadini russi, seguendo una politica dal sapore razzista che trasforma tutti gli uomini e le donne nati in Russia in emuli di Putin.

Analogo trattamento è riservato ai rifugiati bielorussi che sono entrati in Europa per sfuggire al regime repressivo del presidente Lukašėnka, come Dvarashyn Vitali, disertore e confinato in un campo di detenzione per essere stato in passato un militare prima di veder riconosciuto il diritto ad attendere in libertà il riconoscimento dell’asilo.

È successo anche a Olga Karatch, fondatrice ed animatrice dell’associazione bielorussa per i diritti umani “Our House” che con la campagna “NO means NO” aiuta i giovani obiettori di coscienza e disertori bielorussi a evitare il servizio nell’esercito bielorusso e, quindi, a evitare di essere mandati in guerra con l’Ucraina. Olga è dovuta scappare in Lituania per evitare una condanna a morte per terrorismo a causa della propria opposizione al regime bielorusso. Olga è stata dichiarata “persona che rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale della Repubblica di Lituania”. La sua attività per i diritti umani non viene riconosciuta e fa paura anche in quel paese, che pure è nell’Unione Europea, ma le è stato almeno concesso il permesso di soggiorno a fronte della sentenza di morte che le è stata comminata.

Olga ha parlato a Roma dal palco della grande manifestazione “La via Maestra” anche a nome delle associazioni per l’obiezione di coscienza alla guerra di Ucraina e Russia. Anche in Bielorussia, infatti, l’opposizione alla coscrizione obbligatoria e il timore di essere costretti a combattere una guerra per conto della Russia si alta allargando insieme alla rivendicazione di libertà e diritti umani.

A luglio 47 organizzazioni russe bielorusse ucraine ed internazionale hanno presentato al la Commissione europea Appello alla Commissione Europea e al Parlamento Europeo sulle misure necessarie per la protezione internazionale degli obiettori di coscienza russi, ucraini e bielorussi, dei disertori e di coloro che si sono arresi o sono stati catturati[vi], mentre numerosi sono stati gli appelli delle organizzazioni internazionali affinché l’Europa chiedesse al governo ucraino di rispettare il diritto all’obiezione.

La società civile russa, bielorussa e ucraina che si oppone alla guerra e che assiste gli obiettori e i renitenti è attivamente sostenuta in Italia da Un Ponte Per che ha lanciato la campagna “Sostieni i costruttori di pace” per rafforzare il sostegno e la difesa legale agli obiettori di coscienza russi, bielorussi ed ucraini e sostenere le attività di formazione, mezzi tecnici e supporto psicologico ad attivisti/e, giovani studenti e studentesse, volontari/e, insegnanti, piccoli gruppi che promuovono la coesione sociale in Ucraina o hanno scelto la resistenza civile all’occupazione russa.

A livello europeo è stata lanciata da War Resister, EBCO, IFOR e Connection e.v., con un largo sostegno internazionale la campagna “Object War Campaign” che si può firmare per continuare la pressione sull’Unione Europea.

Come ci ha insegnato Fabrizio De André: “Se verrà la guerra…ci salverà il soldato che non la farà”.


[i] https://www.politichegiovanili.gov.it/servizio-civile/obiezione-di-coscienza/storia-dell-obiezione-di-coscienza/

[ii] https://p.dw.com/p/4HAYi

[iii] https://en.ovdinfo.org/

[iv] https://www.unponteper.it/it/2022/12/la-guerra-vero-problema-non-la-soluzione/

[v] https://worldbeyondwar.org/peace-agenda-for-ukraine-and-the-world/

[vi][vi] https://www.azionenonviolenta.it/dalla-russia-con-amore-protezione-per-gli-obiettori-di-coscienza-e-i-disertori/

Pubblicato sul Notiziario del Centro di Documentazione di Pistoia – n. 274 settembre-dicembre 2023