Che cos’è questa ONU?

Il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterres, ha inviato un caldo saluto al World Social Forum, il più ampio consesso globale di opposizione all’ordine internazionale esistente, in occasione dell’incontro di Kathmandu, aggiungendo che è necessario “Unirsi per il bene comune mentre infuriano i conflitti e crescono le divisioni geopolitiche. Abbiamo bisogno di riformare un sistema finanziario globale obsoleto, disfunzionale e ingiusto”, inducendo meraviglia per una così esplicita e radicale critica all’ordine neoliberale corrente da parte di una carica, come quella del Segretario dell’Onu, da sempre molto paludata ed attenta a non esporsi politicamente.

Nei mesi scorsi lo stesso Segretario Generale, con un attivismo non normale per quella carica, ha duramente condannato l’aggressione a Gaza parlando esplicitamente di crimini di guerra ed ha attivato, cosa ancora più inconsueta l’articolo 99 della Carta che permette al Segretario di convocare d’autorità il Consiglio di Sicurezza, chiedendo che si pronunciasse, come l’Assemblea Generale aveva già fatto, per un cessate il fuoco umanitario immediato.  Un fatto assolutamente inconsueto. Prima d’ora l’articolo 99 era stato invocato da un Segretario Generale, in quasi 80 anni di vita del consesso, solo altre due volte, in occasione della crisi dei missili di Cuba e della crisi di Suez.

L’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per la assistenza alla popolazione palestinese rifugiata dopo la Nakba, è stata definanziata da Israele, Stati Uniti e da molti paesi europei, tra cui l’Italia, con l’accusa di essere vicina ad Hamas, ma con l’evidente intento di annullare la presenza delle Nazioni Unite in Gaza alla fine del conflitto.

Il definanziamento delle agenzie dell’Onu non è nuovo per gli Usa, che avevano già tagliato i fondi all’Unesco nel 2011, per aver ammesso la Palestina come stato membro e all’Organizzazione Mondiale della Sanita, OMS, per aver richiesto la sospensione dei brevetti sui vaccini durante la pandemia di Covid-19.  Il presidente Trump ha addirittura minacciato di sospendere lo stesso finanziamento all’intere Nazioni Unite.

Non è la prima volta in cui agenzie delle Nazioni Unite, come istituzioni, si sono schierate contro le politiche di stati potenti. Ricordo in prima persona la tenacia con cui ad esempio l’Unicef, come pure altre agenzie, denunciavano le conseguenze inumane delle sanzioni economiche all’Iraq. Due vicesegretari generali, Halliday e von Sponek, addirittura si dimisero per non essere complici delle decisioni del Consiglio di Sicurezza a trazione USA.

Cosa sta succedendo? L’Onu sta diventando una forza di opposizione? Nata per consolidare il controllo globale dell’occidente sull’ordine del secondo dopoguerra sempre più spesso si trova a contrastare quest’ordine occidentale.

Occorre ricordare che l’Onu non è solo il consiglio di sicurezza, ostaggio dei veti delle cinque potenze nucleari, ma un complesso intreccio di trattati, di agenzie e che l’organo supremo, ancorché senza potere esecutivo, è l’Assemblea Generale.

Se si analizzano le risoluzioni della Assemblea Generale si notano novità. L’Assemblea, diversamente dal Consiglio di Sicurezza, è un organo democratico in cui esprimono un voto alla pari tutti gli stati. È quindi il luogo in cui si misurano i rapporti di forza tra i paesi e mentre in passato – salvo sulla questione di Cuba e della Palestina – il pronunciamento è sempre stato in linea di massima in senso positivo ai desiderata dell’occidente, ora si notano novità.

Ad esempio, la larga astensione, maggioritaria se si contasse la popolazione invece che il numero di stati, sulla risoluzione sulla guerra in Ucraina proposta dagli Stati Uniti.

Ma ancora più significativa è la recente, straordinaria, vittoria degli stati africani che hanno ottenuto, dopo anni di battaglie e con il voto contrario di Unione Europea e Stati Uniti,  l’adozione di una storica risoluzione per riscrivere le regole globali sulla fiscalità, ora dominate dagli stati occidentali e spostando il tavolo competente dall’OCSE all’ONU. Tax Justice Network calcola la perdita di almeno 480 miliardi all’anno in termini di evasione e di occultamento delle ricchezze per norme disegnate per favorire gli interessi di multinazionali e paradisi fiscali. Una vittoria significativa perché, potenzialmente, “mette le mani” nelle tasche delle ex potenze coloniali.

Chi ha studiato la relazione tra gli aiuti allo sviluppo e il voto all’assemblea delle Nazioni Unite negli 80 anni di vita dell’assemblea ha trovato l’esistenza di una forte correlazione statistica tra gli aiuti e il voto dei beneficiari favorevole alle richieste dei donatori.  Da sempre gli Stati ex coloniali utilizzano gli aiuti allo sviluppo del DAC (Development Assistance Committee) dell’OSCE come leva per influire sul voto degli stati più deboli nelle decisioni dell’Assemblea Generale e lo hanno probabilmente fatto anche in occasione del voto sulle regole fiscali globali, ma questa volta non hanno avuto successo.

Gli aiuti statunitensi, ad esempio, vanno nella quasi totalità ai paesi che si allineano almeno il 70% delle volte alla posizione Usa nel voto alla Assemblea Generale.

Ma recentemente qualcosa deve aver attenuato il meccanismo. L’amministrazione Trump, ad esempio, si è impegnata a “legare in modo più esplicito gli aiuti al voto” minacciando di punire i paesi che votano contro la posizione degli Stati Uniti tagliando la loro assistenza estera. “Il presidente Trump ed io stiamo spingendo per stabilire un collegamento più stretto tra gli aiuti esteri degli Stati Uniti e il modo in cui i paesi votano alle Nazioni Unite” ha dichiarato la ambasciatrice le Nazioni Unite Nikki Haley. “Votino pure contro di noi – sembra abbia affermato Trump – risparmieremo molto”.

Nel 1945 la nascita delle Nazioni Unite era stata valutata da molti come il meccanismo attraverso il quale la egemonia occidentale si sarebbe protratta sulle ex colonie e sugli stati che sarebbero nati nei decenni successivi nei territori ex colonizzati. La stessa composizione del consiglio di sicurezza stabilita di quattro potenze occidentali su cinque membri con il diritto di veto lo testimoniava. E poi la dichiarazione dei diritti dell’uomo era stata criticata come una imposizione dall’altro di valori e principi occidentali su tutto il globo, tanto che, ad esempio i paesi a maggioranza islamica trovarono la necessità di varare una carta islamica dei diritti dell’uomo e così è stato anche per la carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, che include anche i diritti collettivi delle popolazioni native.

Poi è stata criticata per essere uno strumento inefficace nell’evitare le guerre, motivo per cui era teoricamente sorta, non essendo stata in grado di opporsi agli attacchi statunitensi all’Iraq, alla Serbia e alla Afganistan o averli addirittura avallati.

Ora, succede che le affermazioni del segretario generale o le risoluzioni della assemblea, o le posizioni delle agenzie sono sempre più frequentemente libere e sembrano prendere sempre più alla lettera le dichiarazioni sui diritti che sono scritte sulla carta, ma scarsamente rispettate nei confronti del Sud Globale.

L’insieme dei trattati e il sistema delle agenzie e l’articolazione degli strumenti sui diritti umani, tra cui gli special rapporteur sui diritti umani che sovente, non solo sulla Palestina sempre più di frequente chiamano in causa anche i paesi occidentali costituisce, o può costituire l’ossatura di un diritto globale che, ad esempio, Lavalle e Ferraioli hanno proposto di mettere alla base di una futura “Costituzione della Terra”.

Non è forse un caso che ormai da tempo, ad esempio, in sede Nato si evita di parlare di Diritto Internazionale, sostituito con una non bene identificata “Rules-Based International Order” (Ordine Internazionale basato sulle regole) ove non si capisce quali siano queste regole e chi le stabilisce.

Il fatto è che i paesi del Sud globale stanno crescendo, non solo economicamente, il tempo dell’onnipotenza, ormai tendenzialmente solo militare, dello schieramento Atlantico volge al declino, i paesi del sud possono contare su partner economici consistenti, pensiamo non solo alla Cina, ma anche al Brasile, o al Sudafrica e ad altri e stanno prendendosi qualche libertà in più del passato.

Pensiamo solo al fatto che nel giro di pochi mesi quattro paesi africani, sia pure attraverso colpi di stato militari il cui esito è ancora ignoto, si sono liberati dalla presenza militare francese che durava ininterrotta dal tempo della decolonizzazione.

Nel mondo multipolare le istituzioni delle Nazioni Unite possono essere uno strumento per riallineare i rapporti tra paesi ex coloniali ed ex colonizzatori. In questo senso i paesi del sud globale sembrano aver cominciato ad utilizzarla, così come tutte le società civili del mondo proprio con le agenzie delle nazioni unite trovano frequenti punti di collaborazione per la promozione dei diritti e i processi di democratizzazione dei loro paesi.

Il baricentro del globo si sta spostando non solo verso est, ma anche verso sud, ed in questa nuova configurazione sempre più spesso le Nazioni Unite si trovano a rispecchiare e alle volte favorire questo riequilibrio di potere. Meritano di essere difese dai sempre più frequenti attacchi dei poteri globali costituiti.

19 marzo 2024

Pubblicato sul mensile Ciclostile Marzo 2024