Partecipazione truccata in piazza dei Navigatori

Il Comune di Roma ha avviato un cosiddetto processo partecipativo sulla destinazione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria che dovrebbero essere versati dai costruttori inadempienti per la realizzazione del Palazzo di vetro di piazza dei Navigatori e dell’albergo ovale – cosiddetto bidet – di via Giustiniano Imperatore. Una buona cosa si dirà. Ma l’iniziativa si presta ad una critica radicale.

La prima obiezione riguarda la cultura urbanistica che è sottesa al processo di partecipazione così come esso viene presentato. La individuazione delle opere pubbliche da realizzare viene, di fatto, separata dall’intervento che l’ha generata. Questo diviene così null’altro che un intervento edilizio a se stante e non più un intervento di pianificazione urbana, nel quale la progettazione delle urbanizzazioni è un tutt’uno con l’intervento edilizio ed è finalizzata a ridurre l’impatto che la nuova edificazione ha sul territorio su cui insiste. Gli oneri di urbanizzazione vengono quindi trattati alla stregua di un finanziamento qualsiasi, un modo come un’altro di reperire risorse per un’amministrazione oberata dai debiti. Addirittura in un primo tempo sembrava che potessero essere utilizzati in altri municipi! Il piano di assetto viene svuotato di contenuto, gli interventi diventano progetti a se stanti non correlati all’impatto urbanistico del nuovo insediamento. Nemmeno la peggiore urbanistica contrattata era mai arrivata a tanto, mantenendo essa, almeno la parvenza di progettazione integrata dello sviluppo urbano. Si tratta di un enorme passo indietro di cultura urbanistica.

La seconda obiezione è sulle modalità scelte che trasformano la partecipazione civica in un semplice sondaggio e rivela una concezione della democrazia che vuole fare a meno dei corpi intermedi e della cittadinanza attiva per costruire un rapporto diretto, e quindi squilibrato, tra il Potere e i cittadini singoli, che diventano così sudditi o al massimo partecipanti a un concorso a premi. Una partecipazione atomizzata nella quale ognuno è solo di fronte alla tastiera del suo computer chiamato a “votare” proposte come se fosse un concorso di bellezza senza confronto, senza contraddittorio e nel quale le istanze individuali prevalgono inevitabilmente su quelle collettive. Si annulla così il valore della cittadinanza attiva, sono rese vane le istanze collettive portatrici di interessi e di valori.

Infine: le linee guida dell’avviso pubblico di questa partecipazione truccata si limitano ad elencare una serie di ambiti (ambiente, mobilità, riqualificazione urbana) e di tipologie di opere che l’amministrazione ritiene ammissibili, senza che siano individuate linee guida e criteri di valutazione delle proposte che verranno avanzate. Manca completamente una valutazione dell’impatto urbanistico del nuovo insediamento – come ad esempio l’impatto sul traffico e la richiesta di servizi aggiuntivi – e l’individuazione dei problemi che esso pone e che dovrebbero essere affrontati con le opere di urbanizzazione per rendere l’intervento sostenibile. Non ci sono quindi obiettivi cui riferire le proposte progettuali. In questo modo si rischia di perdere l’occasione per un intervento di risistemazione urbanistica e disperdere le risorse in progettini scoordinati tra di loro. La priorità dovrebbe essere data alla risistemazione complessiva dell’area su cui grava il peso del nuovo insediamento, in particolare l’ambito Navigatori/Tor Marancia che sarà interessato da 110.000 mc di nuovi uffici e 40.000 mc di commerciale. E’ un’area che ha già dovuto subire gravi danni a causa della permanenza ultradecennale del cantiere e che deve essere risarcita.

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